Il lavoro agile, chiamato anche Smart Working, è stato definito nell’ordinamento italiano come: «una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.»

Alla definizione inserita nella legge 81/2017 si affiancano anche quelle formulate da enti e centri studi, come ad esempio:

 

  • quella formulata da Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, Politecnico di Milano: “Smart Working significa ripensare il telelavoro* in un’ottica più intelligente, mettere in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Autonomia, ma anche flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio.”

.

  • quella fornita dal Chartered Institute of Personnel and Development: “Il lavoro agile è un approccio all’organizzazione del lavoro finalizzato a guidare una migliore efficacia ed efficienza nel raggiungimento degli obiettivi attraverso la combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione, puntando sull’ottimizzazione degli strumenti e delle tecnologie e garantendo ambienti di lavoro funzionali ai lavoratori.”

 

Il concetto di lavorare fuori dal proprio ufficio non è nuovo bensì risale al ’68 nel pieno periodo di stravolgimenti economici e sociali. Gli americani parlavano di svolgere la propria attività anywhere, anytime and on your own device ovvero ovunque, in qualsiasi momento e con strumenti propri. Una vera e propria rivoluzione per il mercato del lavoro!

I primi esperimenti di telelavoro iniziarono negli anni ’70, in particolare con il programma Alternative Work Arrangement realizzato dalla società di telecomunicazioni Bell. Il progetto in questione permetteva a un numero ristretto di lavoratori di lavorare da casa con le tecnologie disponibili. Non era ancora menzionato il termine telelavoro, coniato solo nel ’73 dallo scienziato americano Jack Nilles.

Grazie ai progressi in ambito tecnologico e il diffondersi di internet, il telelavoro divenne una realtà diffusa e apprezzata.

 

Cosa accomuna il telelavoro al moderno concetto di Smart Working?

 

La differenza principale sta nel fatto che il telelavoro ha regole più rigide e il lavoratore ha una postazione fissa nonostante si trovi in un luogo diverso rispetto alla sede aziendale. Rigidità che si traduce non solo sul piano spaziale, ma anche su quello temporale: nel caso del telelavoro gli orari sono più inflessibili e, di norma, ricalcano quelli stabiliti per il personale che svolge le stesse mansioni all’interno dell’azienda.

Adottare lo Smart Working non vuol dire soltanto lavorare da casa utilizzando le nuove tecnologie ma è soprattutto un cambiamento nel modello di leadership e nell’organizzazione, rafforzando il concetto di collaborazione e favorendo la condivisione di spazi.

Per realizzare in modo efficace il lavoro agile devono essere presenti i criteri di autonomia e responsabilità:  il lavoratore viene responsabilizzato  e impara a gestire in autonomia i suoi incarichi, il tempo e le scadenze. Vi è uno spostamento del focus da presenza a risultato, non si lavora più per “monte ore” ma al raggiungimento degli obiettivi attraverso la definizione di precisi key performance indicator (KPI) per valutare i risultati delle attività svolte. Applicando efficacemente il lavoro agile si diffonde una cultura basata sulla fiducia e non più sul controllo: al leader agile spetta il compito di sostenere, attraverso un modello basato su feedback rinforzanti, le performance del proprio team o approfondire i punti negativi attraverso una comunicazione attenta e costante.

Da un recente articolo postato sul Sole 24 ORE possiamo evincere che nel 2019 sono circa 570 mila le persone in Smart Working, in crescita del 20% sul 2018. Questa modalità di lavoro è più frequente nelle grandi aziende (il 58% di esse segue dei programmi di lavoro agile), piuttosto che nelle piccole e medie (con un 12% di utilizzo).

Sicuramente l’attuale pandemia ha accelerato l’adozione di questo sistema, inizialmente incontrando le ritrosie di imprenditori e lavoratori. Dopo una prima fase di assestamento sottolineo però i dati positivi e incoraggianti che vedono il lavoro agile come una possibilità di miglioramento e non più come una condanna.

Concludo affermando che applicare lo Smart Working senza un cambiamento profondo a livello aziendale non solo è inefficace ma rischia di essere perfino dannoso. Un’evoluzione avviene dove c’è un terreno fertile e ricettivo verso le novità, dove si è disposti a rischiare nell’ottica di crescere.